Consegnata lettera a Mattarella sull’irrisolta questione ambientale di Taranto
Abbiamo provveduto a recapitare la seguente lettera al Presidente Mattarella, in visita oggi nella nostra città:
Ill.mo Signor Presidente,
a scriverLe è l’associazione Giustizia per Taranto, costituitasi nel 2018 attorno ai valori della giustizia sociale ed ambientale, oltre che sui pilastri costituzionali dell’antifascismo, dell’antirazzismo e della democrazia.
Le scriviamo perché il motivo che l’ha portata in questa circostanza nella nostra città è fra i più nobili e apprezzabili: a sostegno delle persone con disabilità e dello sport, ma la circostanza della Sua venuta non può esimerci dal portare, ancora una volta, alla Sua attenzione, i drammi che vive la nostra comunità.
Ci riferiamo alla questione ambientale, a Lei già nota e che, lungi dall’essere risolta, continua a procurare infinito dolore agli abitanti di questa splendida terra, oltremodo vessata. In merito agli impianti dell’ex-Ilva, ora Acciaierie d’Italia, ad oggi persistono ancora tutti i problemi arrecati dalle fonti inquinanti e le soluzioni prospettate, oltre a restare sulla carta, non paiono assolutamente in grado di risolverli. A fronte di miliardi di euro già spesi, altrettanti se ne vogliono sperperare, in danno ai contribuenti italiani, lasciando intatti i problemi sanitari, ambientali e occupazionali di Taranto.
Si parla di implementazioni ecologiche che non si sostituiranno all’attuale produzione siderurgica a carbone, bensì si aggiungeranno. Nel caso delle due nuove installazioni industriali previste per produrre DRI (il pellet di ferro che consente l’utilizzo dei forni elettrici, anziché degli altiforni), addirittura una sarà al servizio delle fabbriche siderurgiche del nord, aggiungendo un ulteriore carico sul nostro territorio.
La mano politica ha chiaramente indicato nella produzione e nel profitto le sue uniche preoccupazioni, reiterando una legiferazione a completo discapito della salute e dell’ambiente.
La vita e la salute sono beni preziosi che non possono e non devono essere contemperati con l’economia. Un principio etico che ha trovato finalmente spazio anche nella Carta Costituzionale, con le modifiche all’art. 41:
«L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare dannoalla salute,
all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».
Taranto costituisce, da decenni, una deroga a tutto questo, con processi, giudizi e documenti scientifici
che testimoniano, al di là di ogni ragionevole dubbio, una condizione inaccettabile e tanto manifesta da non necessitare neppure di richiamare il principio comunitario ‘di precauzione’.
Signor Presidente, anche in questo caso parliamo di disabilità, di condizioni inique e discriminanti e oppressione del diritto fondamentale alla salute.
Le leggi fin qui varate per salvare l’ex-Ilva sono ben quindici e nessuna ha considerato il bene di Taranto e dei tarantini. La maggior parte di esse ha avuto come unico obiettivo quello di innalzare i livelli consentiti di inquinamento e aggirare le norme europee e nazionali, nonché l’azione della magistratura in difesa della comunità.
Occorre prendere atto, una volta per tutte, del fallimento di un’operazione di salvataggio che non ha alcuna prospettiva, non solo ambientale, ma anche economica e occupazionale, dal momento che i livelli di profittabilità della fabbrica sono del tutto incompatibili con la vita umana e che da anni si ha contezza che non potranno essere mantenuti gli stessi livelli occupazionali di qualche anno fa. Tutto questo in nome di una strategicità dell’industria siderurgica che è smentita tanto dal mercato (mondiale e interno) che dalla stessa cessione dei rami d’azienda da parte dello Stato italiano ad una multinazionale franco-indiana, peraltro nota a livello mondiale per il suo
agire predatorio, sprezzante delle comunità in cui opera e che si contraddistingue per tenere in ostaggio i governi in cui ha sede, al fine di attingere a quanti più fondi pubblici possibili per i propri interessi.
In ragione di tutto quanto esposto, da anni chiediamo che si ponga fine a una produzione insostenibile chiudendo il siderurgico e riconvertendo l’economia della nostra città sul modello della Ruhr, in Germania. Dove i problemi ambientali ed economici hanno portato al cambio di prospettiva che ha consentito al territorio di rigenerare il proprio sviluppo, salvaguardando i lavoratori e creando addirittura nuova occupazione.
Facciamo appello alla Sua saggezza per mettere fine a questo stillicidio umano, economico e sociale contribuendo, con la Sua figura, al ripristino del più alto senso di giustizia, finora negato da leggi che l’hanno subordinata al peggiore agire politico, in spregio ai nobili valori della nostra Costituzione.
Saremmo lieti e onorati di poterLa incontrare, anche per pochi minuti, per fornirLe, brevemente, i dettagli di una situazione che si fa sempre più fatica a tollerare.
La ringraziamo e porgiamo i nostri ossequi.
Associazione Giustizia per Taranto
A seguire lo spazio dato dalla stampa alla nostra lettera