A chi serve il dissalatore?
E’ notizia di ieri che l’Acquedotto pugliese ha indetto una gara da 100 milioni di euro per la realizzazione del più grande dissalatore d’Italia. Preleverà le acque dalle sorgenti del fiume Tara e servirà a garantire maggiori riserve in una regione che ne ha penuria.
Il progetto raccontato, però, nasconde diverse verità non dette che vale la pena restituire nella loro interezza:
- Di acqua potabile, in realtà, ne arriva tanta, dal Sinni, ma è in gran parte utilizzata dall’ex-Ilva, insieme a ingentissime quantità prelevate anche dal mar Piccolo. Dunque il dissalatore è un progetto sostenuto con fondi pubblici (a valere parzialmente sul PNRR) per restituirci quell’acqua potabile che, senza Ilva, avremmo lo stesso. Allora perché scaricare su tutti i pugliesi dei costi che andrebbero imputati alla fabbrica?
- La soluzione da sempre auspicata, anche da chi sostiene la fabbrica ad ogni costo (leggi questi articoli del 2016 e questo del 2020), è quella di destinare al siderurgico le acque affinate dei depuratori Ballavista e Gennarini. Ma, dicono, che i tempi per adeguare gli impianti sarebbero troppo lunghi.
- In effetti l’adeguamento dei depuratori Bellavista e Gennarini per favorire l’utilizzo di acqua per l’Ilva ricadeva fra le opere previste nel Piano ambientale. Poi fu spostato nell’ambito del Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto, salvo ora rispuntare come progetto regionale.
- La Provincia di Taranto, prima dell’intervento regionale, aveva provato a far autorizzare un dissalatore da acque di mare attraverso i fondi del Just Transition Fund (fondo di un miliardo di euro che l’Europa ha stanziato per Taranto e per la zona del Sulcis per il superamento dei combustibili fossili). Il progetto fu cassato dalla Commissione VIA VIAS perché presentava diverse criticità rispetto all’obiettivo del fondo: enormi consumi di energia per la dissalazione, effetti negativi sull’ambiente e gli ecosistemi marino e terrestre, aumento della salinità dell’acque nelle quali sarebbero stati scaricati i residui della dissalazione e, infine, aumento del prezzo dell’acqua dovuto ai maggiori costi del dissalatore stesso.
- Fra i danni insostenibili di quest’operazione va considerata anche la definitiva devastazione dell’area del fiume Tara, già gravemente compromessa da anni di irresponsabilità. Prima fra tutte lo scempio fatto quando fu costruito il molo polisettoriale, deviandone il corso e riducendone la foce.
Tutto ciò per rimarcare, ancora una volta, quale sia l’origine di tutti i nostri problemi ed il motivo per cui ci opponiamo a quest’ulteriore svendita del nostro territorio e della nostra comunità agli interessi del Mostro.