Ambiente

Consiglio di Stato, una sentenza politica

Abbiamo esaminato le 62 pagine della sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato gli effetti di quella del TAR di Lecce con la quale si prevedeva lo spegnimento degli impianti dell’area a caldo dell’ex-Ilva. Vi abbiamo trovato passaggi quanto meno opinabili, pur rendendoci conto che la legislazione straordinaria avutasi con le leggi salva-Ilva ha reso una giungla impervia il percorso per avere giustizia rispetto alla fabbrica.
A seguire i cinque passaggi salienti in pillole:

LA SENTENZA IN PILLOLE - 1

🔴 Sulla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia per non aver fatto nulla per proteggere la salute dei tarantini, il Consiglio si esprime così: <<l’intrapresa realizzazione delle misure procrastinate per anni, anche a causa della turbolenta situazione finanziaria e delle note vicende giudiziarie penali che hanno coinvolto l’impresa, segna una linea di discontinuità rispetto ai fatti che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preso in considerazione nella sua sentenza di condanna>>.

🟢 Sebbene la sentenza si riferisca a fatti passati, chi la deve attuare è il governo presente, infatti le cause e gli effetti della condanna CEDU sono tutte ancora in piedi, tanto che il Comitato dei Ministri del Consiglio Europeo, deputato a verificare il rispetto delle prescrizioni, è ancora in attesa di prove e chiarimenti dall’Italia che dimostrino che si sta provvedendo a riparare gli enormi danni causati a Taranto. Dopo la severissima bacchettata data all’Italia negli scorsi mesi per non aver fornito quanto dovuto, il Comitato ha nuovamente chiesto lumi al governo italiano, che dovrà fornirli inderogabilmente entro il 30 giugno prossimo.

📣 Appare quanto mai singolare che il Consiglio di Stato pensi di saperne di più a riguardo e sollevi azienda e Governo dalle loro mancanze, più di quanto avvenga in Europa. Peccato che a contare siano i fatti. Il Comitato Legamjonici segnalerà questo abuso implementando la documentazione a supporto del Comitato dei Ministri d’Europa.

LA SENTENZA IN PILLOLE - 2

🔴 Così si esprime il Consiglio sull’inquinamento di Taranto: <<L’istruttoria procedimentale e quella processuale non evidenziano un pericolo ‘ulteriore’ rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività produttiva dello stabilimento industriale e gestito attraverso la disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale>>. E ancora ritiene che quanto emerso <<è più incline ad escludere il rischio concreto di un’eventuale ripetizione degli eventi e la sussistenza di un possibile pericolo per la comunità tarantina>>

🟢 Dunque i veleni di Taranto, per il Consiglio di Stato, sono “ordinaria amministrazione”, mentre non si ravvedono pericoli concreti per i tarantini rispetto a ulteriori fenomeni emissivi…, ribaltando quanto sentenziato dal TAR di Lecce che aveva opportunamente ravvisato la presenza di uno “stato di grave pericolo”, sottolineando giustamente come “il sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico, deve ritenersi permanente ed immanente”.

📣 Riguardo a queste gravissime affermazioni continueremo, assieme alle altre realtà del territorio a produrre denunce ed esposti che riabilitino l’inconfutabile verità stabilita dalle innumerevoli evidenze scientifiche e sanitarie che testimoniano una condizione non più sostenibile per la nostra comunità.

LA SENTENZA IN PILLOLE - 3

🔴 L”Autorizzazione Integrata Ambientale costituisce, per il Consiglio di Stato, “il ‘punto di equilibrio’ fra contrastanti interessi, in particolare – scrivono i giudici amministrativi – fra la salute (art. 32 Cost.), da cui deriva altresì il diritto all’ambiente salubre, e il lavoro (art. 4 Cost.), da cui deriva l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali e il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso”.

🟢 Eppure proprio l’Aia concessa alla fabbrica tarantina è stata per anni il paravento utilizzato per giustificare le emissioni: un punto sul quale il Tar di Lecce era stato particolarmente chiaro affermando che “il rispetto dei parametri emissivi previsti in Aia” non comporta automaticamente “l’esclusione del rischio o del danno sanitario”.

📣 Insomma rispettare le regole non basta per continuare a produrre se questa attività crea danni alla salute di operai e cittadini. E solo qualche settimana fa, la Valutazione del Danno sanitario per cittadini e lavoratori fatte da Arpa Puglia e Asl Taranto hanno accertato che la produzione di 6 milioni di tonnellate d’acciaio – previste proprio dall’autorizzazione integrata ambientale – presenta un rischio inaccettabile per la salute dei tarantini. Per palazzo Spada, evidentemente, le cose non stanno così.[questo punto è tratto dall’articolo di Francesco Casula “Ex Ilva Taranto, il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar: l’impianto potrà continuare a produrre” del 23 giugno 2021]

LA SENTENZA IN PILLOLE - 4

🔴 La Corte segnala che è l’AIA lo strumento preposto alle osservazioni e al bilanciamento di tutti gli interessi, sia in fase preventiva, che successiva. Rileva, peraltro, che il quadro normativo dell’AIA è integrato da un “vero e proprio ‘diritto singolare’” che tiene in considerazione “l’importanza strategica” e l’interesse nazionale dello stabilimento siderurgico. L’ordinanza sindacale è pertanto individuata solo come una “valvola di sicurezza attribuita a talune autorità amministrative” per “gestire situazioni di pericolo non fronteggiabili, altrimenti, con i poteri tipici di cui dispone l’amministrazione”. Ravvisando nell’ordinanza sindacale un eccesso di potere e non ravvisando i caratteri dell’imprevedibilità dell’evento e della necessità indifferibilità dell’intervento, che dev’essere, fra l’altro, solo di natura temporanea.

🟢 Si ritiene pertanto i fenomeni emissivi della fabbrica non “straordinari” e comunque ascrivibili alla disciplina dell’AIA, sebbene si prenda atto che il Sindaco stesso avesse fatto presente l’inosservanza delle prescrizioni al Ministero dell’Ambiente che le ha rispedite al mittente. Il Consiglio specifica anche che a riguardo restano in capo al Ministero le responsabilità nel caso in cui l’evento pregiudizievole si avveri. Il principio di precauzione – doverosamente e opportunamente rappresentato dal TAR – viene bellamente snobbato, schiacciato dalla supposta mancanza della necessità e dell’urgenza. Anzi, a riguardo si sostiene che <<si rifiuta un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente>>. Questo è inaccettabile, non solo perché il TAR aveva menzionato, a supporto della propria sentenza, delle precedenti decisioni dello stesso Consiglio di Stato, ma perché sostanzialmente ritiene che occorrano ancora ulteriori evidenze scientifiche, oltre alla mole già prodotta dagli organismi tecnici. Denota, inoltre, come il Ministero resti impunito di fronte alle proprie responsabilità.

📣 Su questo continueremo ad esercitare denunce e pressioni affinché non solo si restituisca dignità al nostro territorio, ma vengano anche individuate le responsabilità di chi ci arreca danno.

LA SENTENZA IN PILLOLE - 5

🔴 Secondo il Consiglio di Stato <<l’istruttoria [dell’ordinanza sindacale – ndr] è carente nell’individuazione delle cause che hanno comportato gli eventi emissivi presi in considerazione e che, secondo la tesi del Comune, potrebbero comportare la loro ripetizione>>. Poi cita <<la fuoriuscita di fumi dal camino E-312 dell’agosto 2019, legata a problematiche gestionali “che sembrerebbero relative al sistema di depolverazione primario del Camino E312″>>, come dimostrato dall’Ispra. E aggiunge che <<i fatti sarebbero stati“ già risolti dal Gestore” (ancorché ci si basi su una nota di quest’ultimo)>>.

🟢 Il Consiglio di Stato ritiene dunque risolta la problematica di queste emissioni sulla base di un’autodichiarazione da parte dei gestori dell’impianto

📣 Sebbene il Consiglio di Stato non abbia reso giustizia alla nostra città, le responsabilità non punite troveranno tutti gli ostacoli del suo agire, in ogni sede. In definitiva una sentenza positiva da parte del Consiglio di Stato avrebbe inciso assai di più sul nostro percorso volto alla chiusura della fabbrica, rispetto a quanto tolga realmente alla nostra battaglia. La strada per il Governo resta estremamente in salita, sotto ogni aspetto. E non mancheremo di metterli in evidenza esercitando tutta la pressione necessaria a ridare dignità e un nuovo futuro alla nostra comunità ferita e a questo splendido territorio.