A.I.A. e conferenze di Servizi, il potere degli Enti locali
- TESTO UNICO SULL’AMBIENTE
Il Decreto Legislativo n. 152 del 2006 rappresenta il Testo Unico sull’Ambiente. Esso, assieme alle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 46 del 2014, racchiude tutte le norme da rispettare in ambito di autorizzazioni e valutazioni di impatto ambientale. Oltre a queste, le norme per la tutela delle acque e del suolo e quelle relative al trattamento dei rifiuti.
Le modifiche apportate nel 2014 sono molto importanti rispetto agli impianti industriali che insistono su Taranto e pertanto ne riportiamo la spiegazione a seguire. Abbiamo evidenziato i passaggi più rilevanti relativamente alla situazione tarantina, linkando peraltro i riferimenti normativi per agevolarne la comprensione.
Dall’ 11 agosto 2014 (che si ricorda essere la data di entrata in vigore del D.L.vo n. 46/2014) l’autorità competente (ossia il Ministero dell’Ambiente) procede al riesame dell’AIA nei seguenti casi:
- Entro 4 anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di un’installazione;
- Quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’AIA o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione; il termine di 10 anni aumenta a 12 o 16 anni per le installazioni che all’atto del rilascio dell’AIA (o dei successivi riesami) siano risultate rispettivamente certificate UNI EN ISO 14001 o registrate EMAS;
- A giudizio della stessa autorità competente o, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, si renda necessaria la revisione o l’integrazione dei valori limite di emissione fissati nell’AIA per effetto dell’entità dell’inquinamento generato dall’installazione ed in particolare qualora sia accertato che le prescrizioni stabilite nell’autorizzazione non garantiscano il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
- Quando le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;
- Quando una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante ritenga che si debbano adottare altre tecniche per la sicurezza di esercizio del processo o dell’attività;
- Qualora sia reso necessario da nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali o da norme di qualità ambientali;
- Quando siano stati fissati limiti di emissione con tempi
di riferimento diversi da quelli delle BAT-AEL e la prevista verifica periodica
del rispetto della corrispondenza delle emissioni prodotte alle BAT-AEL riferite
a condizioni di esercizio normale abbia dato esito negativo (fattispecie di cui
alla lettera b) del comma
4-bis dell’art. 29-sexies)
senza evidenziare violazioni delle prescrizioni rendendo necessario
l’aggiornamento dell’AIA per garantire che, in condizioni di esercizio normali,
le emissioni corrispondano alle BAT-AEL.
Per le casistiche riportate ai precedenti punti 4, 5, 6 e 7, il riesame può riguardare anche solo una parte delle installazioni.
Le modalità del riesame sono stabilite dal comma 5 dell’art. 29-octies, che recita: “In caso di rinnovo o di riesame dell’autorizzazione, l’autorità competente (il Ministero) può consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 4, se un piano di ammodernamento da essa approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell’inquinamento.”
In base a quanto previsto dal comma 7 dell’art. 29-quater, il riesame può essere richiesto anche dal Sindaco: “In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell’autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può chiedere all’autorità competente di verificare la necessità di riesaminare l’autorizzazione rilasciata, ai sensi dell’articolo 29-octies.” Ciò attraverso un motivato provvedimento corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell’autorizzazione.
Le circostanze richiamate dall’articolo 29-octies per le quali è possibile l’intervento del Sindaco sono le stesse per le quali possono agire anche le Regioni. Quali sono? ce lo dice il comma 4:
Il riesame è effettuato dall’autorità competente (ossia
il Ministero dell’Ambiente), anche
su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale (le regioni
– ndr -) , comunque quando:
a)
l’inquinamento provocato dall’impianto è tale da rendere necessaria la
revisione dei valori limite di emissione fissati nell’autorizzazione o
l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite;
b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che
consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi
eccessivi;
c) la sicurezza di esercizio del processo o dell’attività richiede l’impiego di
altre tecniche;
d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.
Circa le modalità istruttorie da applicarsi al riesame, ci si limita a rimarcare che il il comma 10 dell’art. 29-octies ha previsto che il riesame sia condotto con le modalità di cui al comma 4 dell’art. 29-ter (riguardante la verifica di completezza) ed all’art. 29-quater prevedendo, così, la pubblicazione sul sito web della presentazione delle informazioni riguardanti il riesame, per garantire la partecipazione del pubblico, che, invece, non era previsto nel D.L.vo n. 152/2006, prima delle modifiche apportata dal D.L.vo n. 46/2014, per l’istituto del rinnovo.
L’art. 29-decies disciplina i controlli relativi all’ottemperanza delle prescrizioni AIA. Di seguito i commi principali:
3. L’Istituto Superiore per
la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o le
agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, negli altri
casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai
sensi dell’articolo 29-sexies,
comma 6 e con oneri a carico del gestore:
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare
riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione
dell’inquinamento nonchè al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in
particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso
di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo
sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni
del proprio impianto.
4. Ferme
restando le misure di controllo di cui al comma 3, l’autorità competente,
nell’ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo
scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi
del presente decreto.
5. Al fine
di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta
l’assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica
relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi
informazione necessaria ai fini del presente decreto.
6. Gli esiti
dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all’autorità competente ed al
gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui
al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.
7. Ogni
organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su
impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia
acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini
dell’applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi
comprese le eventuali notizie di reato, anche all’autorità competente.
8. I risultati
del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell’autorizzazione
integrata ambientale e in possesso dell’autorità competente, devono essere
messi a disposizione del pubblico, tramite l’ufficio individuato all’articolo
29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195.
9. In caso di inosservanza
delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione,
l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro
il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione
dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino
situazioni di pericolo per l’ambiente;
c) alla
revoca dell’autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente.
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente (il Ministero dell’Ambiente – ndr), ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. 11. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all’articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
Tratto da “Gestione Ambientale”, di Stefano Maglia, Paolo Pipere, Luca Prati, Leonardo Benedusi, Edizioni TuttoAmbiente, 2015.
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- CONFERENZA DI SERVIZI PER IL RILASCIO DELL’AIA all’ILVA
La Direzione Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche del Ministero dell’Ambiente scrisse l’11 gennaio 2011 sollecitando ad Ilva interventi urgentissimi “ad horas”: “Stante gli ingiustificati ritardi e l’inerzia dell’azienda nell’adozione dei necessari, urgenti, interventi di messa in sicurezza della falda e/o dei suoli, si ribadisce la richiesta all’azienda di adottare, ad horas, i necessari interventi. In mancanza, si richiede al Comune l’emanazione di apposita Ordinanza di diffida per l’adozione dei citati interventi a salvaguardia della salute umana e dell’ambiente, evidenziando che la mancata attivazione degli interventi medesimi può aggravare la situazione di danno ambientale già arrecato per l’inerzia dei soggetti a vario titolo interessati a cui potranno essere addebitati i relativi oneri”.
A tale intimazione si aggiunse la nota contenuta nella “Proposta di Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” del Comitato di Esperti, Giuseppe Genon, Lucia Bisceglia e Marco Lupo del 15 settembre 2013, nella quale, a pagina 42 si legge:
“Il procedimento di bonifica dell’area ILVA, che come noto ricade all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Taranto, perimetrato con Decreto del Ministro dell’Ambiente del 10 gennaio 2000, ha subito un rallentamento a seguito del notevole contenzioso amministrativo, instauratosi già a partire dalla conferenza di servizi del 19 ottobre 2006 e proseguito da ultimo anche relativamente alla conferenza di servizi del 3 maggio 2012, con le quali, in seguito ai risultati della caratterizzazione, veniva richiesto all’azienda, in qualità di responsabile della potenziale contaminazione, di attuare interventi di messa in sicurezza di emergenza su suoli, falda e discariche.
Ad oggi, di fatto, il procedimento di bonifica si è concretizzato quasi esclusivamente nella esecuzione della caratterizzazione i cui risultati peraltro sono stati validati da ARPA Puglia soltanto relativamente a terreni, acqua della falda superficiale e profonda ma non relativamente al top soil. Non risultano eseguiti significativi interventi di bonifica e/o messa in sicurezza di emergenza ad eccezione dei suoli di alcune aree funzionali all’esercizio degli impianti”.
In sostanza, quando l’Ilva era dei Riva, il Ministero dell’Ambiente sollecitava, a più riprese, interventi che ora, con il commissariamento della fabbrica, potrebbe effettuare da sè, ma non vi ottempera.
La questione è di particolare importanza se si leggono le carte della Conferenza dei Servizi del 16 marzo 2016 collegata alla questione dei Parchi Minerali, della loro contaminazione e degli interventi conseguenti da realizzare. In tale Conferenza dei Servizi si parla di vari superamenti delle CSC (Concentrazioni Soglie Contaminazione) dei suoli e delle acque di falda e si richiede all’ILVA “di predisporre un’analisi di rischio sanitaria ai fini della verifica del rischio sanitario per i lavoratori presenti nell’area oggetto di caratterizzazione e dell’adozione di idonee misure di prevenzione”. Non solo. La Conferenza dei Servizi chiede all’ILVA “di adottare tutte le misure di prevenzione finalizzate a circoscrivere, limitare la diffusione della contaminazione”.
Nel verbale si legge in particolare quanto segue: “Ai sensi dell’art. 245, comma 2, del dlgs 152/2006, anche il proprietario e/o il gestore dell’area, non responsabile della contaminazione, devono attivare idonee misure di prevenzione secondo le procedure di cui all’art.242 dello stesso decreto. Si tratta di un vero e proprio obbligo di garanzia in virtù del quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo con tutte le conseguenze di legge” (art. 40 del Codice penale).
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- ALTRE DISPOSIZIONI DAL TESTO UNICO SULL’AMBIENTE (QUI gli articoli richiamati)
ART.
242
(procedure operative ed amministrative)
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all’atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
[…]
12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla Provincia, che si avvale della competenza tecnica dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
ART.
244
(ordinanze)
1. Le pubbliche amministrazioni che nell’esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
2. La Provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
3. L’ordinanza di cui al comma 2 e’ comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253.
4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito ne’ altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250.
ART.
250
(bonifica da parte dell’amministrazione)
1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano ne’ il proprietario del sito ne’ altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal Comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla Regione, secondo l’ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
Fonti della ricerca: sito www.tuttoambiente.it , www.brocardi.it , fonti normative come da G.U. , sito istituzionale del Ministero dell’Ambiente.