Ambiente

Lettera di moral suasion ai potenziali compratori di Acciaierie d’Italia

Abbiamo provveduto a far recapitare la lettera che segue a ciascuna delle sei società coinvolte nella possibile acquisizione dello stabilimento Acciaierie d’Italia, ex-Ilva. Più precisamente a: VULCAN GREEN STEEL, STEEL MONT, METINVEST, STELCO, ARVEDI E MARCEGAGLIA CARBON STEEL. Ecco il testo:

“Spett.le azienda,

da indicazioni fornite alla stampa dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, sappiamo che la Vostra azienda figura fra quelle potenzialmente interessate a partecipare al bando per l’acquisizione dello stabilimento (o di rami d’azienda) del complesso di Acciaierie d’Italia, ex-Ilva.

A scrivervi è un’associazione del territorio di Taranto, città nella quale insiste il più grosso insediamento della suddetta società, per suggerirVi, se vorrete conoscere il reale stato di salute economico e infrastrutturale della fabbrica tarantina, di rivolgerVi nella aule di tribunale, piuttosto che al Governo italiano, in quanto è lì che troverete, per davvero, tutte le enormi falle generate da una fabbrica ormai incompatibile con ambiente, salute, mercato ed economia.

Gli stabilimenti, lungi dall’essere quel fiore all’occhiello di cui il Ministro e i commissari parlano da buoni commercianti, sono fatiscenti e obsoleti. Pericolosi per chi ci lavora e per chi vive per chilometri al di fuori di esso. A dirlo non siamo noi, ma autorevoli studi scientifici che attestano l’impossibilità di coniugare la profittabilità dell’azienda con la salute della popolazione e i costi d’impresa con la concorrenzialità sul mercato.

Acciaierie d’Italia vive una profonda e irreversibile agonia e chi sta cercando di vendervela lo sa molto bene. Si tratta di un gigante industriale di stampo novecentesco, a ridosso della città, che sta cadendo letteralmente a pezzi. Lo testimoniano notizie di infortuni su impianti e maestranze dalla preoccupante ricorrenza. Lo dimostrano i processi e le indagini della magistratura che evidenziano come AdI non sia gestibile senza raggirare le leggi e i bilanci. Lo dimostra lo stato di sequestro formale degli impianti dell’area a caldo tuttora vigente, sebbene con l’artificio legislativo della continuità produttiva.

Lo Stato italiano non potrà continuare a eludere i problemi causati dal siderurgico tarantino, poiché ci sono anche le norme europee e una cittadinanza e una magistratura che ormai non sono più disposte a tollerare alcuna mancanza di rispetto nei confronti della comunità locale.

Acciaierie d’Italia non è sanabile da alcun punto di vista e siamo certi che non mancherete di giungere a questa conclusione anche Voi dopo le Vostre dovute verifiche.

Tutto ciò per dirVi che questo insediamento industriale, che sta distruggendo le nostre vite, il nostro ambiente, le nostre economie alternative, il nostro paesaggio e la nostra occupazione, non è ben voluto a Taranto e che, pertanto, chiunque riterrà di rilevarlo non sarà a sua volta il benvenuto nel nostro territorio. E continuerà, piuttosto, a sentire il fiato sul collo di una comunità che si piega, ma non si spezzerà, fin quando non sarà fatta giustizia.”