Oliva Denaro e la potenza di un ‘no’
Siamo negli anni ’60 e la protagonista è Oliva Denaro, una quindicenne che vive a Martorana, un paesino della Sicilia. È una bambina sveglia, le piace studiare e leggere, adora imparare parole nuove e trovare il modo d’inserirle nelle frasi. La mamma le dice «la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia».
Vive in un’ambiente patriarcale che la convince ben presto che essere femmina è una sfortuna e che studiare e saper scegliere non serve a nulla, anzi “mette grilli per la testa”: « (…) quando mia madre mi chiese com’era il maestro nuovo, risposi “è assai tedioso”. Mi arrivarono uno schiaffo e un rimprovero. “Non sta bene sentire queste cose in bocca a una femmina”».
Questo mondo viene visto e descritto con gli occhi di una bambina e per questo reso in modo ancora più efficace. La logicità e semplicità dei bambini è spiazzante e commovente.
«Una volta, mentre facevamo l’analisi grammaticale, ci aveva dettato la frase: “La donna è uguale all’uomo e possiede i medesimi diritti.
Tutte noi bambine ci eravamo incurvate sul quaderno e avevamo iniziato a compitare: la, articolo determinativo, femminile, singolare; donna, nome comune di persona, femminile, singolare. A me però non suonava bene questa cosa: femminile singolare.
«Maestra, l’esercizio è sbagliato», avevo detto prendendo coraggio.
«Che cosa vuoi dire, Oliva? non capisco»
« (…) La donna singolare non esiste. Se è in casa, sta con i figli, se esce va in chiesa, o al mercato, o ai funerali, e anche lì si trova insieme alle altre. E se non ci sono femmine che la guardano, ci deve stare un maschio che l’accompagna. Io una donna femminile singolare non l’ho vista mai».
Oliva, in seguito ad una violenza sessuale subisce le pressioni di un paese che la spinge al silenzio e ad accettare, ma riesce a dire di ‘No’ al matrimonio riparatore, con tutto ciò che comporta quel rifiuto.
La legge italiana, in particolare l’articolo 544 del Codice penale, prevedeva il matrimonio riparatore. Cioè l’autore di un reato di violenza sessuale che avesse contratto matrimonio con la parte offesa, avrebbe visto estinta la propria condanna. Lo stupro era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona. Il corpo della donna era, ed è, considerato un organo sociale, in quanto ri-produce, mentre quello maschile è un organo individuale.
‘Riparare’ significa proteggere da un pericolo o da un danno, rimediare a un male, aggiustare; rifugiarsi, trovare ricovero. Pensate quanto sia aberrante dare questa definizione a quanto successo a Oliva e a donne come lei. E riparo per chi? Per chi ha agito violenza. Assurdo pensare che questa legge è stata abrogata nel 1981, cioè ieri.
I passi che sono stati fatti sono tanti, ma quelli ancora da fare sono infiniti. Se pensiamo che nel codice di famiglia precedente al 1975 esisteva lo IUS CORRIGENDI. Il marito aveva il diritto di correggere la donna.
Oliva, intrisa di condizionamenti sociali – tuttora presenti e instillati quotidianamente col contagocce da quando nasciamo – dapprima parla con parole assorbite e si comporta con remissività, docilità e obbedienza: «(…) Se fossi nata maschio come Cosimo, avrei potuto restare con me stessa e non appartenere a un uomo. Invece sono nata al femminile e il femminile singolare non esiste»; poi diventa la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore.
Questa donna, Olivia nel libro, ma Viola nella realtà, regala la possibilità di avere fiducia nelle battaglie che si fanno. Sono donne che con un ‘No’ sono riuscite a fare cambiare le leggi e sovvertire un sistema fortemente ingiusto. Lei ha dimostrato come si può rispondere alla violenza dei gesti con la forza della lotta, dell’autodeterminazione e della tenacia.
In questo libro, che consiglio, si muovono diversi personaggi di cui non scriverò, ma la figura del padre merita senz’altro una menzione. La sua vicinanza, il sostegno silenzioso e costante che le offre sono commoventi punti cardine di questa vicenda. Mi piace sottolinearlo, perché le battaglie per il rispetto e l’uguaglianza non riguardano solo le donne, ma tutte tutti e si potranno vincere solo se inizieremo a considerarle non appartenenti ad un genere, ma all’umanità. Manteniamoci vigili, prestiamo attenzione al linguaggio, alla quotidianità, ai gesti. Attraverso un linguaggio nuovo, eliminiamo la prospettiva di potere!
Buona crisi a tutte
P.s. Franca Viola, la protagonista reale di questo cambiamento, vive ancora ed ha 75 anni. Probabilmente dovremmo darci la possibilità d’incontrarla. Questa donna che, con dolore, rinunce e una vita totalmente devastata, ha migliorato le nostre. La gratitudine che dovremmo avere è sconfinata come il suo coraggio.
di Alessandra Convertino