Chiusa la tra giorni di Bruxelles sul futuro di Taranto
Si è da poco conclusa il ‘Taranto Euro-Med Resilient City: a new vision for the Mediterranean’, tre giornate per discutere dei progetti di innovazione ed ecosostenibilità a Taranto, voluto dal Comitato Organizzatore Taranto 2026, Regione Puglia e Comune ionico, in collaborazione con la europarlamentare Rosa D’Amato di Greens-Efa.
Nella giornata di venerdì si è affrontato il tema della Transizione Giusta legato al Just Transition Fund (JTF), programma dell’Unione Europea per la diversificazione e riconversione economica dei territori più interessati dalla transizione verso la neutralità climatica.
In Italia gran parte di questi fondi (795,6 mln di euro) sono destinati a Taranto, dove piccole e medie imprese interverranno sullo sviluppo della tecnologia e delle energie rinnovabili, sulla diversificazione dell’economia locale e sulla formazione e riqualifica lavorative della comunità. Guidato dalla Regione Puglia, il JTF punta alla neutralità carbonica attraverso questi tre settori, e ambisce a trasformare Taranto nella capitale Italiana dell’idrogeno.
Peccato che il JTF non affronti l’elefante nella stanza, ovvero la decarbonizzazione dell’acciaieria. Lo sviluppo tecnologico e delle energie rinnovabili non intervengono sull’attuale funzionamento degli impianti, che non sono vincolati a diminuire la produzione a carbone. Questo accade in un momento in cui i colossi mondiali dell’industria petrolchimica stanno retrocedendo sugli obiettivi di ecosostenibilità promessi negli ultimi anni, che prospettano un ritorno ad un maggiore utilizzo di combustibili fossili, come evidenziato da questo articolo del Fatto Quotidiano.
Se a questo aggiungiamo il fatto che, da regolamento, il 70% dei fondi del JTF deve essere speso entro il 2026, comprendiamo che questo progetto potrebbe rivelarsi un ennesimo buco nell’acqua.