Due piccioni con una fava: il miliardo ad Accierie d’Italia serve a pagare le bollette all’Eni
La questione legata all’ex-Ilva fa di Taranto un osservatorio drammaticamente unico per comprendere le dinamiche che muovono la politica. Sono logiche legate alla finanza ed al capitale, che sono i veri manovratori dei governi.
Accade quindi che, se da un lato non vengono per nulla prese in considerazione le prospettive di riconversione economica integrale del territorio attraverso i fondi del PNRR, dall’altra si regala un miliardo di euro (un miliardo di euro!) di fondi pubblici per colmare le insolvenze della fabbrica. Fra l’altro sconfessando le stesse regole del capitale riscrivendole all’italiana: i profitti ai privati e le perdite su tutte e tutti.
Il miliardo stanziato dal ‘Governo del Migliore’ nel DL Aiuti bis, infatti, servirà, fra le altre cose, a saldare il debito da 285 milioni di euro che Acciaierie d’Italia ha con l’Eni per l’approvvigionamento di gas. E’ stato predisposto sotto forma di aumento di capitale per il tramite della controllata di Stato Invitalia. Dunque con una sola mossa si dà fiato al siderurgico e si salva l’Eni (altro grosso stabilimento impattante sul nostro territorio) dal rischio di insolvenza dimostrando, ancora una volta, come il problema dello stabilimento non sia solo ambientale e sanitario, ma anche economico (oltre che occupazionale).
A chi giova tutto questo? A Taranto per niente, anzi.
Nella disperata ricerca di soluzioni che non esistono il Governo vara l’ennesimo, scellerato, provvedimento salva-Ilva (e salva-Eni) che allunga l’agonia di uno stabilimento comunque morente.
La fabbrica, è dimostrato, non potrà mai fare profitto senza uccidere.