Ministro Giorgetti: “A Taranto si produca più acciaio possibile!”
Nel corso di un intervento al Mise del ministro Giancarlo Giorgetti, abbiamo dovuto ascoltare in tutta Italia, ma riecheggiano soprattutto a Taranto, le seguenti parole: “Non solo io, ma anche il presidente Draghi, vogliamo che si produca più acciaio possibile a Taranto e Genova, ovunque per riportare al lavoro tutti i lavoratori in cassa integrazione”.
Il ministro ha infine sottolineato che esistono “limiti oggettivi, che derivano da sentenze, che impediscono di raggiungere le capacità produttive massime che questi impianti possono realizzare”.
Vi è chiaro, tarantini? Rileggiamo con attenzione: “Le sentenze dei tribunali impediscono la massima produzione di acciaio”. Poco importa, al ministro, del perché siano arrivate quelle “sentenze”.
Prendete le perizie epidemiologiche, lo studio Forastiere, l’incidenza dei tumori infantili, delle malattie cardiovascolari, neurologiche…e fatene carta straccia! Che si aumenti la produzione ad ogni costo! (tanto il costo, si sa, è solo nostro…)
Vorremmo sommessamente ricordare al ministro alcuni “fatti”:
1) la vera produzione di acciaio, purtroppo, avviene solo a Taranto, visto che lo stabilimento di Genova, molto più piccolo di quello di Taranto, fu chiuso diciotto anni fa PER INQUINAMENTO,
2) Il Governo non ha ancora risposto, di fatto,
alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha condannato il nostro paese per non aver tutelato la salute dei cittadini di Taranto,
3) l’Aia attuale, che tra l’altro non è ancora stata completata, non dà alcuna garanzia sulla sicurezza di quegli impianti sull’ambiente e sulla vita di chi vive nella città di Taranto e provincia,
4) non esiste ancora alcun investimento certo sul piano industriale; il governo è arrivato addirittura a “scippare” fondi dalle bonifiche, pur di aiutare economicamente il fantomatico piano industriale.
Come si può permettere, un ministro, di lasciare dichiarazioni di questo tipo, senza alcun rispetto, non solo dei tarantini ma anche di tutti i lavoratori ex Ilva, attualmente circa 3mila in cassa integrazione?
Queste affermazioni sono un’offesa, l’ennesimo schiaffo in faccia, di cui, francamente, faremmo volentieri a meno.