Illustrato il piano industriale (di massima) del siderurgico: si continua a salvaguardare unicamente il profitto
Ieri al Ministero dello Sviluppo Economico, alla presenza dell’AD di Acciaierie d’Italia Morselli, del presidente Barnabè e dello stesso ministro Giorgetti, è stato illustrato il piano industriale di massima per l’ex-Ilva: l’uscita dal carbone e l’utilizzo dell’idrogeno (da capire se da fonti rinnovabili o meno, cosa affatto indifferente) passa dai cinque anni previsti a dieci, durante i quali si intende mettere in atto una fase di transizione mediante il rifacimento dell’altoforno 5 e un forno elettrico alimentato con preridotto, gestito dallo Stato senza ArcelorMittal. Servono quasi 5 miliardi di euro che nessuno possiede e che si punta a recuperare dai fondi del PNRR. Dunque viene confermata l’intenzione di sperperare ulteriori, ingentissimi, fondi pubblici per regalare a Taranto, e ai tarantini, ancora dieci anni di pene e di morte, poiché occorre avere riguardo della sostenibilità economica e della produttività della fabbrica… Possiamo ancora permettercelo? Tutto questo accade solo nella repubblica indipendente dell’ex-Ilva, con deroghe e proroghe che a nessun’altra attività sarebbero concesse in presenza di rischi per la salute e la vita umana.
In dieci anni, e con tutti quei soldi, si potrebbe benissimo chiudere la fabbrica e disegnare il nuovo volto economico e sociale del nostro territorio, senza gli enormi danni che la fabbrica produce (e continuerà a produrre) a tutti i livelli, non ci stancheremo mai di pretenderlo.