Non chiamarlo amore: la cultura di genere come antidoto alla violenza patriarcale
Serata di rara intensità ieri nell’Agorà di piazza Marconi. Il tema della violenza di genere non si può considerare come un’emergenza ma – come detto da una delle straordinarie relatrici, Sara Mastrobuono – un problema strutturale figlio di dinamiche culturali da sradicare. Per questo si è inteso rappresentarlo in piazza e fra la gente del quartiere. Senza omissioni: la violenza va depurata da ogni alibi e guardata dritta in faccia affinché possa produrre tutto il ribrezzo che merita.
Il racconto di Rita ed Enzo, genitori di Federica e nonni di Andrea, caso simbolo di questa orribile pratica, ha squarciato gli animi e aperto gli occhi. Un sacrificio enorme rivivere quel dolore di cinque anni fa attraverso la loro testimonianza, ma portato avanti con la generosità di chi non vuole che possa accadere a nessun altro.
L’evento è stato preceduto da un volantinaggio che ha visto, come sempre, disponibili tanti esercenti della zona, ma stavolta non era scontato. Volevamo arrivare alle persone comuni, a chi ha bisogno di sapere che una via d’uscita dalla violenza, fisica e psicologica, c’è, e che questa non va mai minimizzata. E di ‘persone comuni’ ce n’erano tante e siamo certi che porteranno i preziosi semi lanciati ieri anche nei terreni più aridi.
Palpabile la commozione per il racconto di Rita ed Enzo che hanno avuto sempre al loro fianco la foto sorridente di Federica e Andrea, ma che hanno avuto il coraggio di mostrare anche il volto tumefatto di Federica dopo l’inaudita violenza subita. Molto intensa anche la testimonianza di Pier Paolo, la cui mamma fu uccisa quando ancora non esisteva il termine “femminicidio”. Pier Paolo ha spiegato come quella violenza si ripercuota sulle vittime, ma resti come marchio indelebile nelle vite di chi le ha amate.
In mezzo tanti interventi di straordinario interesse da parte di esperte operatrici del settore che hanno indicato gli strumenti per denunciare le violenze e le forme di protezione assicurate da encomiabili associazioni del territorio, dai Centri Anti Violenza, alla Casa delle Donne, ed al Centro Ascolto Donna. Il 92% delle violenze di genere avviene fra le mura domestiche ad opera di compagni e mariti: questo l’agghiacciante dato riportato da Ira Panduku dell’associazione Sud Est Donne. Sono stati raccontati i primi segnali di pericolo: la limitazione della libertà, la soggiogazione psicologica ed economica. Poi gli interventi di Milena Schirano che, fra le altre cose, ha portato esempi di violenza psicologica quotidiana vissuta da donne che devono sentirsi chiedere, durante colloqui di lavoro, se hanno intenzione di avere figli… , Anna Rita Lemma ha rappresentato le difficoltà nell’intercettare il sostegno delle istituzioni e quelle culturali dei decisori politici dai quali ci si aspettano azioni e approcci più consapevoli al problema, mentre Mary Luppino dell’associazione Madonna delle Grazie ha illustrato le modalità del supporto offerto alle donne in difficoltà, ma anche dell’importanza della prevenzione operata nelle scuole.
Una rete di sostegno preziosa che ci auguriamo potrà essere sempre più conosciuta, continuando a pretendere quella cultura di genere necessaria per non dover commentare mai più episodi di violenza patriarcale.
Qui il video integrale dell’incontro
La foto gallery della serata