Scorie nucleari: Laterza e Matera fra i possibili siti. Tanto per non farci mancare niente
Taranto terra dei rifiuti: sembra questo il programma di “rinascita” del nostro territorio voluto (anche) da questo Governo. Oltre ad essere sede per lo smaltimento di ogni rifiuto, speciale e ordinario, la nostra provincia viene ora candidata anche per lo stoccaggio e lo smaltimento di rifiuti nucleari. L’area individuata è a nord di Laterza, ma ce ne sono altre in Basilicata.
L’area è stata individuata, insieme ad altre ventidue sul territorio nazionale, a seguito della redazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) che riguarda i rifiuti a bassa e media attività derivanti da impianti nucleari nazionali in via di smantellamento (50.000 metri cubi) e da attività di medicina nucleare, industriale e di ricerca (28.000 metri cubi), di cui in parte già prodotti e stoccati attualmente in Francia ed in parte che verranno prodotti nei prossimi cinquant’anni.
I criteri con cui è stata selezionata la rosa delle aree papabili sono stati stabiliti dall’Ispra fra i territori poco abitati, con scarsa sismicità, non oltre i 700 metri di altitudine, senza la presenza di vulcani o rischio di alluvioni e frane, “valutando con attenzione le aree agricole con produzioni di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico”.
Alla luce di ciò ci rendiamo conto che questi rifiuti da qualche parte dovranno pur essere smaltiti, ma riteniamo che su Taranto ci sia un accanimento eccessivo e che le aree fra il laertino e la Basilicata presentino parecchie caratteristiche di esclusione (si pensi alle gravine ed all’agricoltura). Sembra che Taranto non debba aspirare a nient’altro che a ospitare l’indesiderabile. Questa terra ha già dato troppo ed anche sui rifiuti radioattivi è stata testimone di un’esperienza nefasta: quella dell’ex Cemerad.
Oltre 16.000 fusti di rifiuti radioattivi di origine industriale e ospedaliera, fra i quali vennero rinvenuti anche scorie di Chernobyl che furono sequestrati dalla Magistratura nel lontano 1995 e che ancora oggi non sono stati completamente rimossi. Un’odissea pluridecennale che avrebbe dovuto vedere la sua conclusione con le bonifiche affidate alla commissaria Corbelli, ma che conta ancora 3.000 fusti stoccati in pessime condizioni nell’area dell’ex Cemerad, nel Comune di Statte.
L’elenco delle aree è ancora provvisorio e, dal momento che l’iter procedurale è appena partito, le istituzioni locali, sindacali, gli enti di categoria e quelli universitari avranno modo, al di là delle loro prese di posizione di questi giorni, di esprimere il loro parere formale ai tavoli guidati dal Ministero dell’Ambiente. Se vogliamo la rinascita di questo territorio occorre svincolarlo, una volta per tutte, da programmi che puntino su inquinamento e rifiuti.