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Acciaio “green”?

Le cose serie non si fanno sui giornali, si fanno documenti alla mano. L’ennesima trovata sull’acciaio “green”, poi, è un ossimoro già nella sua definizione. Ieri il Ministro Stefano Patuanelli ne ha parlato a La Repubblica, prospettando la chiusura dell’area a caldo nell’immediato e l’introduzione di due forni elettrici che, fra qualche anno, verrebbero alimentati ad idrogeno.
Visto però che di mezzo ci sono, come sempre, le nostre vite e che c’è un contratto in essere che dice tutt’altro e che parla di aumento abnorme della produzione, di ‘ambientalizzazione’ impossibile e della tenuta occupazionale del tutto artificiosa, ci chiediamo su quali basi sia stata avanzata questa proposta. In particolare solleviamo al Ministro tutte le contraddizioni della sua boutade, invitandolo a dare risposte certe e verificabili a queste domande:

1) si è fatta una valutazione tecnica sulla fattibilità di questa prospettiva?
2) si è fatta una valutazione dell’impatto sanitario ed ambientale che questo nuovo assetto produttivo avrebbe sul territorio?
3) visto che il piano industriale di Mittal parla d’altro, si è trovato l’accordo per questa “rivoluzione green”?
4) lo sa che Mittal vende i prodotti di Taranto alla sua casa madre e che, dunque, i veri profitti li fa quest’ultima? E lo sa che questo significa che l’ingresso dello Stato nell’assetto societario servirà a scaricare le perdite su tutti gli italiani?
5) quale interesse avrà il Governo per Taranto una volta che Mittal avrà versato tutte le rate per il suo acquisto, consentendo allo Stato di restituire i soldi del salvataggio alle banche?
6) lo sa il Ministro che con gli stessi fondi pubblici che si intendono spendere per questa operazione, tutta da verificare, si potrebbero avere più posti di lavoro chiudendo la fabbrica e puntando sul risanamento del territorio?

Attendiamo risposte, ma facciamo presente che, rispetto a progetti di “acciaio green”, con chissà quali tempi, quali costi (non solo economici, non solo occupazionali, ma soprattutto in termini di malattie e morte dei cittadini di Taranto), c’è una concreta possibilità di riconvertire il territorio e creare occupazione passando dalla chiusura delle fonti inquinanti, che lo affliggono, e dalla sua decisiva riconversione.