Fumo negli occhi
In una tranquilla “chiacchierata” tra amici, l’ad di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli e Bruno Vespa parlano di Ilva.
Noi abbiamo immaginato di essere seduti in quello studio, accanto alla signora Morselli, a rappresentare la controparte, Taranto, per dare vita ad un contraddittorio, come sarebbe giusto.
I virgolettati sono le parole utilizzate dall’ad di ArcelorMittal, a seguire il nostro ipotetico intervento.
Morselli: “Una riunione che si è svolta in un clima buono”.
Taranto: non crede sia quanto meno inappropriato utilizzare questa definizione per l’incontro, visto che il problema del “clima” è proprio quello che attanaglia la popolazione di Taranto?
Morselli: “In questi accordi (quelli di marzo 2020 tra Mittal e governo), abbiamo accettato che nel capitale di ArcelorMittal entri un investitore istituzionale”.
Taranto:La ringraziamo per aver “accettato” che lo Stato entri nel capitale, utilizzando i soldi degli italiani, destinati ad investimenti produttivi, in uno stabilimento in perdita.
Morselli: “Abbiamo chiesto 200 milioni di euro a fondo perduto, per quanto attiene al danno ricevuto per la mancata vendita del prodotto. E poi 600 milioni”.
Taranto: crede veramente che un’azienda che non ha mai fermato la produzione durante il lockdown, meriti sostegno pubblico, quando numerose aziende, che si sono fermate completamente per tre mesi, non hanno avuto e non avranno nulla?
Morselli: “negli accordi di marzo, siccome il Governo ha preferito non coinvolgere il sindacato, i numeri degli esuberi non sono stati esplicitati”.
Taranto: accordi su esuberi che non coinvolgano i sindacati non dovrebbero avere alcun valore. Ma, al netto di questo, a settembre 2018 avevate promesso ben altro, promesse che hanno in qualche modo illuso chi pensava che i tagli sul lavoro sarebbero stati “solo” quelli. Avevate sbagliato i conti?
Morselli: “ma è stato invece esplicitato molto chiaramente il concetto: l’azienda doveva restare in equilibrio economico”.
Taranto: ecco appunto, l’aspetto economico, l’unico forse che mette d’accordo azienda e governo.
Morselli: “Posso confermare che il contratto di marzo prevede che se questo accordo di investimento verrà perfezionato, ArcelorMittal compri l’acciaieria”.
Taranto: quindi conferma che l’aspetto economico è l’unico interesse di azienda e Stato. A Mittal interessa fare business ed allo Stato interessa incassare quel che basta per coprire i prestiti fatti ad Ilva dalle banche con garanzia statale.
Morselli: “Credo che dobbiamo essere tutti orgogliosi di questo impianto, il più bell’impianto d’Europa, il più moderno, il più potente, tutti ce lo invidiano. E credo che sia un privilegio essere a lavorare lì”.
Taranto: veramente risulta esattamente il contrario e lo disse anche lei definendo quegli impianti “criminali”. La fabbrica è vecchia e fatiscente, e questo lo sapevate fin da quando siete entrati. Sessanta anni di vita, nessuna manutenzione fin dai tempi dei Riva, e nessuna nemmeno da parte vostra, hanno portato ad incidenti frequenti, molti per fortuna senza danni alle persone e quindi passati in silenzio, ma tanti invece hanno provocato morti, vite che potevano essere salvate investendo in sicurezza.
Morselli: “in quell’accordo – quello di marzo 2020 tra governo ed azienda – tutti gli investimenti ambientali sono stati confermati nella loro forma originaria”.
Taranto: la conferma degli accordi sugli investimenti ambientali non vuol dire siano stati fatti, e i continui rinvii lasciano presagire che investimenti sull’ambiente non saranno mai fatti, se non per qualche intervento di facciata. Le ricordiamo che durante il periodo del covid gli unici lavori interrotti sono stati proprio quelli per gli interventi ambientali.
Morselli: “Non si può dire che l’azienda oggi inquini”.
Taranto: questa affermazione ci ha spiazzati. Lo dica agli abitanti del quartiere Tamburi che raccolgono la polvere sui propri balconi, o ai tarantini in generale che sono spesso costretti a chiudere le finestre per la puzza proveniente dalla fabbrica. Infine la esortiamo a leggere i dati Arpa/Ispra sulle emissioni del trimestre marzo/maggio e dei primi di giugno e confrontarli con quelli dei mesi precedenti e dello stesso periodo del 2019: si accorgerà che non solo l’azienda oggi inquina, ma inquina più di ieri