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Diario di una città dimenticata

Era il 6 settembre del 2018 quando il Governo firmava, “entusiasta”, l’accordo con ArcelorMittal. L’allora Ministro per lo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, lo definiva “il migliore risultato nelle peggiori condizioni”, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo riteneva un risultato positivo, e veniva accolto con soddisfazione anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il 13 settembre 2018 i Sindacati, dopo un referendum con il quale il 94% dei lavoratori votanti dicevano sì a Mittal, si univano al coro degli entusiasti.
L’accordo prometteva investimenti e salvaguardia dei posti di lavoro ( https://www.google.com/…/amp.ilsole24ore.com/pagina/AE3kZfkF).

A dicembre 2019 interveniva un nuovo accordo tra ArcelorMittal ed il Governo, con rinnovati impegni da una parte e rinnovato entusiasmo dall’altra ( https://www.ilsole24ore.com/…/ilva-raggiunto-pre-accordo-AC…).
Il 4 marzo 2020, ancora un nuovo accordo Governo – ArcelorMittal, con nuove promesse da parte dell’azienda e con nuova e ribadita soddisfazione dello Stato.
(https://www.ilsole24ore.com/…/ex-ilva-oggi-firma-che-mette-…).

In questi giorni, però, apprendiamo da Peacelink – se ancora ce ne fosse bisogno – che gli inquinanti a Taranto sono aumentati, nel trimestre marzo-aprile-maggio 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019: in particolare, secondo Peacelink, si è riscontrato un +199% di benzene nello stabilimento e +116% nel rione Tamburi; +81% di PM10 nell’ex Ilva e +18% nel quartiere; +82% di PM2,5 (polveri sottili) nell’acciaieria e +49% sempre nel quartiere a ridosso del Siderurgico.

Al contempo, sempre in questi giorni, i Sindacati scoprono che anche le promesse sulla tutela dei posti di lavoro vengono meno, che ArcelorMittal continua a fare largo uso della cassa integrazione ed a non pagare le aziende dell’appalto, con ulteriori ripercussioni sui lavoratori dell’indotto. E proclamano uno sciopero per chiedere quello che avrebbero dovuto chiedere fin dal settembre 2018.

In tutta questa storia, c’è un aspetto che nessuno ha mai negato, nemmeno il Governo e l’Azienda: i piani ambientali, sempre promessi e comunque insufficienti, non sono mai stati rispettati, ed i dati sulle emissioni di questi ultimi mesi ne sono solo l’ultima, drammatica, conferma.

Abbiamo messo in guardia da tutto questo già da anni, dicendo che ci sarebbe stato un taglio netto dell’occupazione con qualsiasi privato e che occorreva correre ai ripari subito, programmando un futuro diverso.

Abbiamo anche dimostrato l’inaffidabilità di ArcelorMittal, mostrando le devastazioni sociali ed ambientali che perpetra ovunque produca nel mondo.

Ma niente, nessuno ci ha ascoltato e le Istituzioni, a tutti i livelli, hanno giocato con la Città, rimandando il problema o forzandone la sua soluzione al fine di garantire le banche che ci avevano investito.

Ora, però, non è più possibile tirare la palla più avanti: serve riconoscere il fallimento di questo salvataggio ed avere il coraggio per chiudere con questa fabbrica arrivata a fine vita, programmando una stagione di bonifiche e riconversione per Taranto.