Piano Taranto contro Piano del Governo, perché preferire il primo
Alcune associazioni e liberi cittadini hanno elaborato un piano, PIANO TARANTO, per la chiusura dello stabilimento ex-Ilva, la bonifica con il riutilizzo dei lavoratori e la riconversione del territorio. Il Piano Taranto si basa su diverse ricerche e studi, come quella elaborata da Confindustria per la bonifica dei sin nazionali. Per la realizzazione del Piano Taranto occorrerebbero poco meno di 4 miliardi di euro da investire in 5/10 anni che porterebbero, dopo la chiusura degli impianti e la bonifica, ad avviare una serie di economie alternative che permetterebbero al territorio di rinascere e svilupparsi secondo le sue storiche vocazioni. Le somme investite tornerebbero quindi tutte a vantaggio del territorio, dell’ambiente e della popolazione.
Il governo invece ha sviluppato un piano industriale per il recupero dello stabilimento, per la cui realizzazione occorrerebbero oltre 3 miliardi di euro in 4 anni, somme necessarie a ripristinare alcune delle attuali linee e realizzarne di nuove, addirittura anche al di fuori del perimetro di Mittal. Il piano prevede di portare la produzione a 8 milioni di tonnellate annue (contro le 4.5 attuali), utilizzando anche il gas e rispolverando il vecchio progetto di realizzazione di un rigassificatore sul territorio ionico. Per quanto riguarda il lavoro, si ricorrerebbe comunque alla cassa integrazione, con l’impegno di reintegrare i lavoratori a fine piano. È previsto lo smantellamento degli impianti dismessi e/o rimpiazzati, ma non si sa cosa accadrà a quelle zone di terra e mare fortemente compromesse in 60 anni di produzione. Si parla anche di riduzione delle emissioni di CO2 del 15% e del 40% per quanto riguarda diossina e benzo(a)pirene: ci chiediamo quanto queste percentuali incideranno sulla riduzione di malattie e morti legate all’inquinamento industriale e, soprattutto, quanto inciderà in senso opposto l’aumento della produzione e la presenza di un rigassificatore in un territorio già schiacciato da numerosi insediamenti ad alto impatto ambientale.
In pratica, il governo è pronto ad investire, per incrementare la produzione industriale, una somma più o meno equivalente a quella che servirebbe per fermare quella produzione e ridare vita ad un territorio che ha, ormai, dato un contributo personale enorme all’economia del paese.